Museo del Ciarlatano

Il Museo del Ciarlatano è una delle Antenne dell’Ecomuseo della Dorsale Appenninica Umbra. L’obbiettivo del Museo è quello di far conoscere da vicino questo antico personaggio. Il termine “Ciarlatano” è noto in tutto il mondo, tutti ormai ne conoscono il significato, ma pochi ne conoscono l’etimo. Genericamente il vocabolo è usato per indicare ogni tipo di impostore e ingannatore, ma la diretta derivazione della parola “Ciarlatano” si deve alla fusione tra “Ciarla” (riferita al parlare a vanvera) e “Cerretano” (abitante del Comune di Cerreto di Spoleto). E’ stato poi associato alla professione di questuante, scelta dai Cerretani in epoca Medievale, ma in seguito alla degenerazione di questa attività, è finito infine per definire il ruolo di ingannatore. I Ciarlatani misero in atto vere e proprie rappresentazioni teatrali di alto ingegno attirando l’interesse del popolo travolto dalla meraviglia e lo stupore. Quest’ultimo aspetto è alla base del “Festival del Ciarlatano”, manifestazione culturale intenta ad evidenziare la grande intelligenza dei Ciarlatani che solcarono tutta Europa, meravigliando intere piazze.

Ferrando Bertelli, Novo et Vero disegno della Marca di Ancona con i suoi confini.

 

LA VALLE DEI MESTIERI MIGRANTI 

L’accidentata morfologia dei luoghi e l’avara natura dei suoli hanno costretto da sempre gli abitanti della Valnerina ad integrare i magri redditi prodotti localmente con l’esercizio in altri luoghi dei più diversi mestieri, spesso praticati stagionalmente: mortellari e scotanari, scaricatori di navi e pescatori, scalpellini e fienaroli, chiavari e mulattieri, carreggiatori d’allumi e viellatori, pescatori di telline e incettatori di zafferano, notari e doganieri, etc. Spiccano in questa società dai cento mestieri annotate da monsignore Innocenzo Malvasia in occasione della sua visita al territorio della Prefettura di Norcia nel 1578, “i chirurgi da cavar pietra, cataratte e testicoli”, “macellai di carne porcina” e “uccellatori” accomunati dall’appellativo di “Norcini” per la loro provenienza nel territorio di Norcia.

Curiosità: Gli abitanti di Cerreto di Spoleto, i Cerretani, si erano specializzati nelle questue in favore di istituzioni ospedaliere, in particolare per quelle dell’Ordine degli Antoniani di Vienne in Francia e di S.Spirito in Sassia a Roma. Questa scelta sarebbe stata originata dall’obbligo imposto dal Comune di Spoleto agli abitanti di Cerreto, sconfitti nella guerra del 1220, di trasferirsi in città e di costruire le loro abitazioni nella via, detta appunto “Cerretana”, in prossimità dell’Ospedale Nuovo della Stella e di quello di San Matteo degli Infermi. Probabilmente i “cerretani fecero il loro apprendistato a Spoleto, a servizio della locale organizzazione ospedaliera”. (Sensi, 1984)

 

I CERRETANI COME “QUESTUANTI”

Le grandi istituzioni ospedaliere per sostenere le loro attività erano autorizzate dalla Curia romana a ricorrere all’intervento caritativo dei fedeli attraverso una complessa struttura organizzativa. Il privilegio, concesso dietro pagamento, consentiva all’Ordine di esercitare il diritto di questua “per universum mundum”.

Lo sapevi? Il ruolo che gli abitanti di Cerreto hanno avuto nell’organizzazione e nella diffusione del mercato delle indulgenze ha assunto un tale rilievo che l’appellativo di “Cerretani” è diventato sinonimo di “questuanti”. Questa identificazione è confermata da un documento di procura con cui il Capitolo dell’Ospedale di S.Spirito in Sassia appaltava nel 1420 a un tale fra Urbano di San Savino le questue di Soana, Sutri e Porto.

I CERRETANI COME “INGANNATORI”

A partire dal secolo XV, l’incontrollata espansione del fenomeno di questuanti si è accompagnata con la degenerazione di comportamenti per lucrare sulle indulgenze e i Cerretani non esitavano a falsificare attestati e documenti. Lo snaturamento della missione caritativa venne imputato ai Cerretani ne “L’Italia Illustrata” scritta fra il 1448 e il 1453, con un severo giudizio: “il popolo di Cerreto è tutto ad un dishonesto guadagno dato; perciò che tutti vanno quasi per tutta Europa mendicando ed ingannando l’altre genti, con fingersi tante loro miserie e vòti, e sotto colore di religione ne ritornano poi a casa molto ricchi, et in tanto è la loro infamia venuta nel pubblico et in vergogna loro, che come gli adulatori erano da Gnatone ne chiamati tutti gnatonici, così da costoro sono tutti i forfanti e frontati mendichi chiamati per tutta Italia cerretani. Onde perchè questa infamia e vergogna non fosse macchia de l’Europa, e de li altri popoli del ducato di Spoleti, per pubblico bando si vietò loro dal Papa, che non dovessero stare più d’un mese fuora di casa loro, senza licentia del governatore.”

 

IL TEATRO DEI CIARLATANI

La mutazione dei ruoli, da questuanti a ingannatori, si è accompagnata a quella dei contesti di relazione, dall’incontro con i fedeli nelle case e nelle chiese alla pubblica esibizione nelle piazze. Questo cambio scena è ben rappresentato nei “Discorsi” di Pietro Andrea Mattioli sulla materia medicinale (1544) quando descrive l’inganno dei “Ceretani per mostrare che mangino il veleno senza nocumento” con una vera e propria rappresentazione teatrale perfettamente funzionale per sviare l’attenzione del pubblico dal raggiro a loro danno. Lo stupefacente elenco delle proposte dei “Cerretani” mostra la stretta convivenza fra teatro e ciarlataneria, come arte di intrattenere il pubblico ricorrendo alla meraviglia, allo stupore, al gioco e alla magia.